Trauma, narrazione e resilienza – parte 1

Salute Mentale

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Trauma, narrazione e resilienza

Come accompagnare uomini e donne nel percorso del trauma inizialmente buio e accidentato che li ha dolorosamente colti di sorpresa.

«Sai com’è? Quando meno te lo aspetti, può capitare che la vita ti gira…». Le parole di questa giovane ospite di una famiglia che accoglie, all’interno di un progetto Iesa (L’Inserimento eterofamiliare supportato per adulti consiste in una modalità abitativa finalizzata al miglioramento delle condizioni cliniche ed esistenziali di persone seguite dai servizi psichiatrici, alternativa al ricovero in istituzioni chiuse, attraverso la loro integrazione presso famiglie di volontari non loro congiunte. Per approfondimenti G. Aluffi, Famiglie che accolgono. Oltre la psichiatria, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2014.), mi sono rimaste impresse a lungo.

E tornano ad accendere una nuova luce quando, in tempi e circostanze diverse, mi trovo ad accompagnare uomini e donne nel percorso inizialmente buio e accidentato che li ha dolorosamente colti di sorpresa.

Anni fa arrivò in studio una ragazza, M. Appariva più giovane dei suoi 23 anni. Disse di aver seguito il consiglio di sua madre, molto preoccupata per il suo cambiamento dopo l’incidente nel quale la sua migliore amica ha perso l’uso delle gambe. «Si stupisce del fatto che io non ricordi nulla di come è andata. Dice che io sono tornata a casa senza dir nulla di quanto era accaduto e che non era normale che la notizia della mia presenza in auto le fosse giunta attraverso altre persone» mi raccontava, sorpresa a sua volta.

Dopo le prime sedute, il quadro che la situazione presentava rimandava a una serie di sintomi riconducibili al disturbo post traumatico da stress dove in seguito all’esposizione a eventi traumatici particolarmente gravi, in alcuni casi, ricordi reali possono essere considerati estranei nel tentativo di estrometterli dalla mente o, sul versante opposto, ricordi ricorrenti e spiacevoli dell’evento si ripresentano in modo persistente. Si possono avere risposte esagerate di allarme e un’iperattivazione che non era presente prima del trauma. Il motore della richiesta di aiuto portata e accolta nello spazio del percorso conclusosi in tempi contenuti fu la paura intensa che, a poco più di un mese dall’evento, arrivò a rinchiudere M. in confini troppo stretti per una ragazza della sua età.

“Di fronte alla perdita, alle avversità,
alla sofferenza che possiamo incontrare
un giorno o l’altro, nel corso della nostra vita,
sono possibili diverse strategie: sia abbandonarsi
alla sofferenza e avviarsi alla carriera di vittima,
sia fare qualcosa di questa sofferenza,
per trascenderla.”

Autobiograhie d’un épouvantail
di Boris Cyrulnik (Traduzione della citazione a cura di Gladys Pace)

«Come si può assistere trasmettendo serenità quando la persona che abbiamo di fronte sappiamo che ha appena subito un trauma?». Alla domanda che, da più di un infermiere in supervisione, mi è stata portata negli ultimi 20 anni, è possibile rispondere aprendo di certo a quell’insieme di emozioni, vissuti e principi che regolano la relazione d’aiuto come il rispetto, la fiducia o l’empatia, soffermandomi però su cos’altro richiama oggi in noi il termine “trauma”.

L’etimo del termine “trauma” rimanda a “ferita”. In greco, traumatízein significa “ferire” e traumatikós “quello che concerne le ferite”. Un tempo con questo termine si faceva riferimento al male fisico, oggi invece in quel concetto trova spazio anche la sofferenza psicologica e sociale che tocca la psiche. Ed ecco che le ferite che lasciano alcuni traumi cessano di essere invisibili.

Come ben illustra Mollica (R. F. Mollica, Le ferite invisibili, il Saggiatore, Milano, 2007), psichiatra statunitense esperto nel trattamento della sindrome post traumatica da stress e direttore di un centro per le vittime di torture e violenze di massa nel Massachussetts, la violenza mobilita anche una reazione terapeutica, di cui un’importante componente è la storia del trauma. E la funzione della storia è quella di guidare colui che ascolta nel processo di guarigione, oltre a quella di prendersi cura del sopravvissuto.

Quando anni fa il signor F., che arrivò in terapia pochi mesi prima, senza una chiara consapevolezza di quanto un incidente avvenuto in passato avesse lasciato il segno, mi disse: «È strano, ma parlandole mi accorgo che di quell’episodio non me ne ricordavo più ed è come se questa fosse per me la prima volta che mi accorgo di essere davvero ascoltato.»

Avere di fronte una persona disposta ad ascoltare è parte integrante del processo terapeutico e nel corso delle nostre sedute emersero in un tempo relativamente breve gli elementi principali di una storia che F. si sentì di ridefinire alla luce dei passaggi che fino a quel momento non aveva potuto individuare. La riconquista di muoversi da solo in auto fu il frutto che, dissotterrato nel campo di un’autonomia alla quale per anni aveva rinunciato, maggiormente riconobbe come fondamentale.

La vita di nessuna persona è interamente
negativa… c’è una forza di guarigione nascosta
dentro ciascuno di noi, che si batte
per la sopravvivenza anche se la violenza
sembra averla esaurita

Le ferite invisibili
di Richard F. Mollica

Erano una coppia e si presentarono in studio mettendo in chiaro da subito la loro differenza. È stata la sorella maggiore a chiamare per prendere l’appuntamento. «Glielo dico subito dottoressa» esordì dopo essersi seduta «ho insistito parecchio con Giorgio per convincerlo a venire da lei». A quel punto, con un tono monocorde, il fratello più piccolo, guardando oltre la mia poltrona disse: «Io sto bene, non mi sono fatto un graffio.

È il mio compagno che non c’è più dalla notte dell’incidente ». Il frontale che ha coinvolto il tir e l’auto che ospitava anche il giovane seduto di fronte a me è avvenuto pochi mesi prima, ma l’impatto della perdita si prese più tempo per scavare intorno alla persona più vicina alla vittima una voragine di solitudine che, la spinta di un familiare attento, ci permise di riconoscere, accogliere e lentamente rielaborare.

Gladys Pace
Psicologa-psicoterapeuta, specialista in Psicologia clinica

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