Disabilità e sostegno – parte 2

Salute Mentale Disabilità e sostegno

Disabilità e sostegno

Disabilità e sostegno: Non esiste alcuna sfida insormontabile che non possa essere divisa in decine di compiti realizzabili.

“La vita chiede presenza,
partecipazione, adesione.
Tutti noi abbiamo
bisogno dell’altro,
di una mano che
ci aiuti, ci sostenga,
accompagni
la nostra fatica.”

da La cura è relazione
di Fabio Cavallari

Il caso di G mamma di A

È importante non chiudersi, poiché la disabilità tende ad isolarsi. “Mi guardava strano” mi disse alcuni anni fa un giovane accompagnato in studio da una mamma in difficoltà di fronte alla ricerca insistente di contatti sessuali nel suo figlio adolescente. “Al centro pomeridiano che frequenta tre volte a settimana, le operatrici mi hanno più volte detto di rivolgermi ad uno psicologo. Le ragazze sono spaventate dagli approcci di mio figlio e io non so cosa fare” mi disse G, la mamma di A, il giorno del nostro primo colloquio.

Con lei è stato importante accogliere la rabbia e la frustrazione dalle quali si sentiva travolta nel quotidiano. Spesso nel supporto ai genitori di bambini e ragazzi con disabilità, occupa un posto speciale la “questione della dipendenza”. Sottolineo il termine “questione” in quanto ciò che emerge, in molti casi, rimanda ad una dipendenza che va oltre la dipendenza fisica e che incide sui legami sociali. Con G fu indispensabile lavorare affinché coinvolgesse suo marito.

E durante le sedute di consulenza familiare siamo riusciti ad affrontare il timore e la necessità di tenere in ogni momento sotto controllo la sessualità del loro ragazzo. Comprendere che il ricorso all’autoerotismo non era dannoso per A e che una “normale” autostimolazione nel periodo adolescenziale può essere utile a scaricare la forte tensione sessuale caratteristica di questa fase del ciclo di vita, fu il nodo che di settimana in settimana abbiamo potuto sciogliere.

“Mentre lei impara ad avere fiducia,
io imparo che questa ansia
infilata come spade nel cuore di un Madonna
non c’entra solo con la disabilità.
Cioè un poco c’entra, ma un altro poco no.”

da Tempo di imparare
di di Valeria Parrella

E qualche mese dopo quella seduta aperta da A con il “Mi guardava strano”, la signora G mi disse che, a partire da quando lei e il marito avevano lasciato al figlio la possibilità di prendersi dei momenti “di intimità” nella sua stanza, dal centro le avevano comunicato che non c’erano più state occasioni in cui le giovani ospiti si erano sentite, da lui, molestate.

“Occorre avere la sensibilità per il lontano
per raggiungere il vicino.”

Alessandro Mendini

Prendersi cura di chi cura, accompagnare per un tratto i familiari (non solo genitori, anche fratelli e sorelle) di persone con disabilità, accogliere il contesto all’interno del quale una diversa abilità si fa portatrice di una comunicazione, a volte, più diretta, altre volte, sviluppata attraverso una grammatica emotiva dalle sfumature variegate, costituiscono opportunità preziose per una crescita condivisa.

Il caso di L e D genitori di S

Un’altra richiesta, che mi torna in mente scrivendo, mi è stata posta da parte di una coppia di anziani genitori di una ragazza portatrice di una lieve disabilità sia sul versante cognitivo che su quello motorio. Per anni L e D si erano occupati di S in maniera esclusiva e, superata da entrambi la soglia dei 60 anni, hanno realizzato l’impotenza dell’isolamento nel quale si erano ritirati. Sono passati alcuni anni e ciononostante ricordo in particolare il viso di S, dallo sguardo vivace e lineamenti delicati.

In realtà furono molto poche le volte in cui ci incontrammo, in quanto il grosso del cammino fu quello percorso con i genitori. Eppure furono sufficienti quelle 4 o forse 5 sedute per farmi custodire da qualche parte nel mio cuore il sorriso illuminante che la accompagnava quando mi salutò l’ultima volta che ci siamo viste. «Grazie» mi disse «da quando mamma e papà sono venuti da te, il mondo è entrato nella mia casa». «Il mondo?» le ho chiesto.

Lì con gli occhi luccicanti aggiunse «Le mie amiche, il parco e la gelateria dove posso andare con loro e…» a quel punto ricordo che si alzò all’improvviso e si avvicinò al mio orecchio per sussurrarmi «quest’anno andrò in vacanza da sola con loro». Tornò alla sua sedia e a voce alta «DA SOLA», ripeté un’altra volta. Probabilmente fu quello il momento in cui il suo sorriso luminoso restò impresso in un cassetto del mio cuore. È anche quella: la nostra umana differenza. In ogni relazione abbiamo la possibilità di misurare quanto siamo disposti e capaci di sostenere e quanto di lasciarci emozionare.

Gladys Pace
Psicologa-psicoterapeuta, specialista in Psicologia clinica

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