Le alimentazioni di tre miliardi di persone – parte I

Si sono ritrovati tutti insieme, in Italia, i rappresentanti di una popolazione di circa tre miliardi di persone di cinque paesi diversi (Stati Uniti, Cina, India, Australia e Italia) e si sono confrontati su un tema che riguarda tutti da vicino: il cibo che consumiamo e le linee guida che ci permettano di raggiungere un’alimentazione sana e in grado di soddisfare i fabbisogni di nutrienti. È accaduto a al XXXVI Congresso nazionale della SINU (Società italiana di nutrizione umana). Australia, Cina, India, Stati Uniti e Italia, rappresentate dai rispettivi esperti scientifici coinvolti a diverso titolo nella elaborazione delle linee guida nazionali, hanno esposto i criteri che sono alla base delle Linee guida di ciascun paese fissando alcuni punti fermi condivisi da tutti. «È la prima volta che gli esperti di nutrizione in rappresentanza di quasi metà della popolazione mondiale si riuniscono per confrontarsi su metodologia e criteri seguiti nell’elaborazione delle Linee Guida» dichiara Furio Brighenti, presidente della SINU. «L’anno scorso la SINU ha pubblicato i nuovi LARN, i Livelli di Assunzione Raccomandati di Nutrienti, che indicano appunto quali e in che quantità i singoli nutrienti vanno assunti nella dieta quotidiana per evitare carenze nutrizionali. Tuttavia il consumatore sceglie gli alimenti avendo poca consapevolezza del loro contenuto nutrizionale. Quindi, le Linee Guida traducono in indicazioni pratiche i LARN, indicando alimenti in modo variato e bilanciato e permettendo quindi al cittadino di raggiungere gli obiettivi nutrizionali raccomandati scegliendo cosa portare in tavola».

La fine del riduzionismo
Carne rossa e salumi, zucchero, latte, glutine e prossimamente bevande calde e caffè: periodicamente arrivano notizie che colpiscono a turno singoli alimenti creando confusione tra le persone che non sanno bene cosa mettere nel piatto. «Al di là della robustezza del dato scientifico, è un approccio comunque sbagliato, soprattutto a livello comunicativo e educativo, perché sposta l’attenzione su un singolo nutriente o un singolo alimento senza considerare la dieta nel suo complesso», chiarisce Furio Brighenti, presidente della SINU.
Attenzione, quindi, al “riduzionismo” e via libera, invece, a un approccio educativo all’alimentazione equilibrata, che appunto tenga conto dei vari cibi che ciascuno di noi assume ogni giorno ma anche degli stili di vita che conduciamo. Il piatto di pasta che mangia un sedentario ha un “peso” diverso da quello che mangia chi va in palestra tre volte a settimana. «In assenza di specifiche controindicazioni mediche, è probabilmente controproducente indicare un singolo alimento come “cattivo” e dare dei divieti molto rigidi su uno specifico alimento perché la prima reazione, soprattutto in certe fasce di età come l’adolescenza, è quella di violare il divieto» aggiunge Robert Gibson del Dipartimento di Functional Food Science dell’Università di Adelaide.
A ribadire l’errore di concentrare l’attenzione su un singolo alimento è anche Laura Rossi, nutrizionista del Crea-Nut, l’ente di ricerca che elabora le Linee guida italiane: «Non esiste un alimento o un nutriente che di per sé faccia bene o male. A parte casi specifici, legati ad esempio alla presenza di allergie, ogni alimento è idoneo se consumato in quantità adeguata e inserito in una dieta bilanciata, soprattutto se associamo uno stile di vita sano. Non ci piace quindi una contrapposizione buono-cattivo tra vegetale e animale, tra l’olio di palma e il burro, tra l’amido e lo zucchero, o quant’altro. Il componente non è necessariamente sano di per sé; ciò che dobbiamo fare è costruire una dieta che lo sia».
Contraria a concentrarsi sul singolo alimento è anche la nutrizionista americana Slavin: «È sbagliato pensare in modo prescrittivo al singolo cibo, anche perché il bisogno di nutrienti varia nelle diverse fasi della vita ed è difficile stabilire dei limiti su nutrienti come grassi, zucchero o sale che siano validi in tutte le fasce d’età» sostiene l’esperta che prosegue: «Negli USA, anche se ci sono sufficienti evidenze scientifiche riguardo al fatto che i grassi saturi sono associati alle malattie cardiovascolari, fissare un limite preciso all’assunzione di grassi saturi e colesterolo per la popolazione americana non ci è sembrata una buona idea perché molti cibi ricchi di colesterolo come uova, prodotti caseari e carne sono anche fonti importanti di proteine, minerali e vitamine. Ecco perché nelle nostre Linee guida abbiamo sempre raccomandato una dieta basata su una maggiore assunzione di carboidrati e una minore di grassi saturi e colesterolo, ma senza dare mai divieti assoluti».

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