Bulli al tempo dei social – parte 1

Bambini & Ragazzi bulli

Bulli al tempo dei social

Con le attuali tecnologie nascono nuove forme di vessazione da parte dei bulli nei confronti di ragazzi considerati deboli, le cui conseguenze sono moltiplicate dal virtuale.
I ragazzi di oggi vivono con lo smartphone in mano, l’età in cui lo ricevono è sempre più precoce e loro sono sempre più connessi. La differenza tra reale e virtuale, di conseguenza, ha confini sempre più labili. È in questo contesto che, ormai da qualche anno, sta aumentando il fenomeno del cyberbullismo.

Generazione iperconnessa

L’ultimo studio condotto dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo) in collaborazione con il portale per gli studenti Skuola.net, conferma che i giovani tra gli 11 e i 26 anni sono iperconnessi. L’indagine – su un campione di 23.166 persone, di cui 9.419 maschi e 13.747 femmine, di età compresa gli 11 e i 26 anni – ha evidenziato che in media, il 32,5% dei ragazzi spende online ogni giorno tra le 4 e le 6 ore. Più del 17% del campione resta connesso tra le 7 e le 10 ore. Supera le 10 ore quasi il 13% degli intervistati.

In tutte le fasce di età indagate, invece, emerge che controllare lo smartphone con una frequenza di 10 minuti è l’esigenza di circa il 40% dei ragazzi. A seguito di questi comenti emerge una correlazione importante, dicono gli esperti: la capacità di attenzione è drasticamente diminuita e «anche la capacità di provare sentimenti.

Sì, perché emozioni e sentimento non sono la stessa cosa. La prima è frutto di un momento, mentre il secondo richiede tempo, intuito, capacità di coltivare la relazione e di farla crescere», ha commentato Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te, uno dei maggiori esperti in Italia del problema.

I ragazzi, poi, non parlano con i genitori di quello che fanno in rete: infatti, in media, dichiarano di non farlo mai il 18,5% delle ragazze e il 20% dei ragazzi minorenni tra gli 11 e 17 anni. Se poi si chiede ai ragazzi tra gli 11 e i 17 anni se i genitori controllano le loro attività online, quasi il 50% di loro dice di no. Infine, la ricerca sull’utilizzo delle nuove tecnologie da parte dei giovani ha messo in luce che quasi il 15% del campione dichiara di ricevere commenti offensivi sulle chat o sui social network.

Più del 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, però, non parla ai propri genitori di queste esperienze spiacevoli.

Cyberbullismo e bullismo

Una delle conseguenze dell’iperconnessione dei giovani è la nascita di nuove forme di bullismo, cioè la prevaricazione e lo scherno, che sono sempre esistiti tra i ragazzi, si potenziano grazie ai nuovi strumenti tecnologici, diventando quello che viene chiamato “cyberbullismo”, che è – come riporta il sito della campagna ministeriale “una forma di violenza e prevaricazione, ripetuta nel tempo, agita da una persona o da un gruppo di persone nei confronti di un’altra, percepita come più ‘debole’, si differenzia dal bullismo perché avviene attraverso l’uso delle tecnologie digitali”.

I “cyberbulli” possono essere persone che la vittima ha conosciuto a scuola, nei gruppi sportivi o tra coetanei, ma può anche essere qualcuno conosciuto in internet, attraverso social network o giochi online, e potrebbe anche nascondersi dietro profili falsi (fake) o anonimi. Come il bullismo tradizionale anche quello cyber è un fenomeno sociale, cioè coinvolge non solo chi agisce e subisce le prevaricazioni e prepotenze, ma anche una platea di altre persone; queste, nel momento in cui assistono virtualmente a tali fatti ne diventano, in qualche modo, compartecipi.

Alcuni esempi di azioni di cyberbullismo, cui si dovrebbe prestare attenzione: invio di ripetuti messaggi offensivi e video in chat o sui social network; esclusione intenzionale di qualcuno da un gruppo online; invio ripetuto di minacce o ricatti; pubblicazione di immagini imbarazzanti o pettegolezzi su qualcuno; rivelazione di informazioni riservate e personali su qualcuno; fingersi qualcun altro su social network o chat per farsi rivelare informazioni con l’inganno e renderle pubbliche oppure per offendere i contatti della vittima.

Chiara Romeo

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