Vittime della violenza
Negli ultimi anni la violenza alle donne è stata riconosciuta come un problema sociale e non più solo familiare: ciò ha portato all’attivazione di politiche di genere e di contrasto alle azioni di maltrattamento. La violenza non più considerato un problema privato, ma sociale.
Molti organismi internazionali e governi hanno preso posizione di fronte al problema e cercano di affrontarlo attraverso la progettazione e l’implementazione di politiche di intervento. Nel 1996 l’OMS dichiara e riconosce il concetto di violenza come problema cruciale per la salute delle donne negli atti “Prevenzione della violenza: una priorità della sanità pubblica”.
La violenza contro le donne è un fenomeno da contrastare, così come riportato nel documento dell’ONU, “Donne 2000: uguaglianza tra i sessi, sviluppi e pace per il ventunesimo secolo”. In questo atto sono sintetizzati i risultati raggiunti rispetto al tema della prevenzione e viene riconosciuta la grave inadeguatezza delle risposte istituzionali al fenomeno.
La violenza contro le donne è un fenomeno di disagio sociale internazionale e si esprime in varie forme: minacce, ricatti, pugni, calci, ma anche il sequestro del proprio denaro, il ricatto morale, fino ad arrivare a quello religioso.
Il Consiglio d’Europa, il Parlamento Europeo e l’Organizzazione delle Nazioni Unite lo hanno reso oggetto di esplicite raccomandazioni e risoluzioni.
In sintesi, i concetti trasversali che emergono in questi atti internazionali sono i seguenti:
- la violenza colpisce le donne nei loro diritti fondamentali;
- la violenza è un’espressione culturale frutto della storica relazione di potere tra uomo e donna;
- ammissione della grave inadeguatezza delle risposte istituzionali al fenomeno;
- riconoscimento del grande ruolo del movimento delle donne.
Secondo un gruppo di esperti che hanno lavorato per il Consiglio d’Europa, quando
si parla di violenza contro le donne è importante avere sempre presente che:
- la violenza contro le donne è una violenza di genere riconosciuta oggi dalla comunità internazionale come una violazione fondamentale dei diritti umani;
- alcune forme si trovano in molte culture (stupro, violenza domestica, incesto), altre sono specifiche di alcuni contesti (es. mutilazioni sessuali);
- spesso la violenza agìta contro le donne è una combinazione di diversi tipi di violenze (es. violenza domestica, dove intervengono generalmente violenza fisica, psicologica, sessuale, economica e a volte spirituale);
- violenze diverse possono essere fra loro connesse (violenza assistita dei figli)
- la posizione degli uomini e delle donne rispetto a questo fenomeno non è equivalente: le donne figurano molto più spesso come vittime e gli uomini come responsabili. Alcune forme di violenza vengono agìte quasi esclusivamente sulle donne (stupro);
- la violenza può assumere forme diverse, verificarsi in molteplici contesti e differenti relazioni (familiari, parentali, amicali).
La violenza di genere è quella di un genere contro un altro, degli uomini contro le donne: una dimostrazione di potere e forza che avviene a causa di una relazione di disparità e di discriminazione messa in atto da secoli. Le sue forme sono diverse e non sempre visibili.
Per violenza fisica si intende qualsiasi forma di aggressività, maltrattamento o intimidazione, dagli schiaffi alle percosse alla mercificazione.
Violenza sessuale è ogni comportamento che obbliga a subire pratiche sessuali, verbali, visive o fisiche, da parte di estranei, di familiari o amici.
Violenza psicologica è qualsiasi azione mirata alla svalorizzazione e colpevolizzazione della donna.
Le azioni di controllo dell’indipendenza economica, come la privazione di risorse finanziarie, limitazioni nell’avere un proprio lavoro vanno a delineare le caratteristiche della violenza economica.
Nominare la violenza, specificandone le caratteristiche e non definendola genericamente “violenza”, è il primo passo per non avvolgerla in una nube indistinta di fenomeni violenti, rendendola così più neutrale e meno percepibile.
Il ciclo della violenza
Caratteristica della violenza domestica è che l’azione violenta non rimane isolata, ma si ripete sempre attraverso le stesse fasi che portano ad un acuirsi della situazione di violenza. L’intervallo tra una fase e l’altra solitamente si accorcia e l’intensità della violenza aumenta. Questo processo, composto da più fasi, viene definito spirale della violenza.
Walker ha studiato la forma ciclica della violenza individuando il processo ciclico che la caratterizza. Nello specifico vengono denominate:
- fase di tensione e irritabilità;
- fase di attacco;
- fase di scuse e pentimento;
- fase di riconciliazione.
L’immagine della famiglia come luogo della sicurezza, della cura e degli affetti e delle strade cittadine come luoghi del pericolo e del rischio, fortemente radicata nelle nostre culture, ha contribuito al permanere di molti stereotipi sul fenomeno della violenza alle donne. Essi ostacolano un intervento appropriato e rendono ancora più faticoso e difficile per chi la subisce parlarne e chiedere aiuto.
Le conseguenze delle violenze sulla donna e sui minori
sono di carattere FISICO, RELAZIONALE E MATERIALE e PSICOLOGICO.
Possono essere:
- ferite di vario genere e loro esiti;
- danni permanenti: danni alle articolazioni, perdita parziale dell’udito/vista;
- aborto;
- isolamento sociale e familiare, perdita di relazioni significative;
- assenze dal lavoro e conseguente perdita del posto;
- perdita della casa e del livello di vita precedente;
- paura, ansia per la propria situazione e quella dei propri figli;
- sentimenti di vulnerabilità, di perdita e di tradimento;
- perdita di autostima;
- auto colpevolizzazione;
- disperazione e senso di impotenza;
- sintomi correlati allo stress (sensazione di soffocamento, iperattività sistema gastrointestinale)
- disturbo post-traumatico da stress: ipervigilanza (ansia, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione), ri-esperienze del trauma (flashback, incubi)
- depressione
- ideazione suicidaria
Il percorso di ricerca di aiuto delle donne che subiscono violenza domestica
Il percorso di ricerca di aiuto di una donna che subisce violenza domestica può essere lungo e difficile. Il fatto stesso di “nominare” la violenza a se stessa, ammettere che c’è un problema e che non può risolverlo da sola produce sofferenza.
Il percorso da affrontare prevederà quindi:
- il riconoscimento della propria condizione come vittima di violenza;
- l’individuazione dei comportamenti relativi ai maltrattamenti vissuti;
- il pensiero delle strategie da attuare per mettersi in condizione di protezione;
- la presa di coscienza che un percorso di uscita può essere avviato solo la vittima è
convinta della scelta (e non condizionata da altri).
In un certo senso si opera un processo di traduzione della realtà, cercando di esplorarne i confini, le emozioni, le esperienze, ma essendo consapevoli che non si potrà mai conoscere in modo completo i termini precisi. Ogni donna è diversa e si trova ad agire in contesti diversi. Una delle cose più significative donna che hanno imparato coloro che lavorano nelle Case e nei Centri Antiviolenza è l’importanza di sospendere il proprio giudizio sulla donna che viene a chiedere aiuto e di affrontare attivamente i propri pregiudizi e stereotipi sulla violenza alle donne. La soglia di tolleranza della violenza è diversa per ciascuna: alcune donne pongono fine alla relazione dopo il primo episodio, altre cercheranno per mesi e per anni di fare in modo che “lui cambi” e si decideranno a lasciare il partner violento soltanto quando ogni altra strada sia stata percorsa. Una delle variabili che incide pesantemente è la capacità della donna di essere indipendente o meno dal punto di vista economico. Saper di non poter cavarsela da sola induce la vittima a ritardare la richiesta di aiuto.
Cinzia Spriano
Assistente sociale specialista
Socia volontaria Me.dea
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