Stop alle mutilazioni genitali femminili

Le mutilazioni genitali femminili sono un problema che ci riguarda da vicino.
Sono più 125 milioni le donne nel mondo sottoposte a mutilazioni genitali: per la Commissione europea 500mila sono residenti nell’Ue. E, secondo i dati del Ministero delle Pari opportunità, in Italia ne esistono 35mila. Una stima esatta è impossibile, ma di donne sottoposte alle mutilazioni genitali ce ne sono ancora molte.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per mutilazioni genitali femminili (MGF) si intendono “tutte le pratiche che portano alla rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili o ad altri danni agli organi genitali femminili compiute per motivazioni non terapeutiche sugli organi genitali femminili tanto per ragioni culturali che per altre ragioni non terapeutiche”.
A livello internazionale, sono considerate una violazione dei diritti umani di donne e ragazze. Sono parte di una più ampia serie di pratiche patriarcali radicate nelle diseguaglianze di genere e finalizzate al controllo della sessualità delle donne, dei loro corpi e diritti sessuali e riproduttivi. La pratica nega a donne e ragazze il diritto all’integrità fisica e mentale, alla libertà dalla violenza, al godimento del miglior stato di salute possibile, alla libertà dalla discriminazione sessuale e alla libertà dalla tortura, da trattamenti crudeli inumani e degradanti.
Le MGF non sono solo un fenomeno dell’Africa e del Medio Oriente, dove pure sono praticate in modo più diffuso: oggi sono, infatti, presenti anche in Europa, USA, Canada, etc., attraverso le comunità migranti che provengono da paesi a tradizione escissoria. Le MGF riguardano anche le comunità di migranti e le ragazze della cosiddetta “seconda e terza generazione”, che provengono dai paesi interessati dalla pratica. In tale contesto, le MGF diventano anche un problema di integrazione, oltre che una questione di violenza di genere, salute e diritti umani.
In base alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e al relativo Protocollo del 1967, le MGF sono considerate una tortura e un trattamento crudele, inumano e degradante. Le richieste di asilo per MGF possono essere valutate secondo la Convenzione di Ginevra sulla base di appartenenza a un determinato gruppo sociale, religione o opinione politica. Nell’Unione Europea, le donne e le ragazze sottoposte alle MGF sono protette in base alla direttiva dell’UE sui diritti delle vittime di reato e alla direttiva sulla protezione, lo status di rifugiato e le condizioni di accoglienza.
“La violenza contro le donne è spesso un ciclo di abusi che si manifesta in molte forme nel corso della loro vita” (UNICEF, 2000). Per questo motivo, le MGF possono essere collegate ad altre forme di violenza sulle donne, in particolare al matrimonio precoce.
Entrambi sono connessi a norme sociali radicate, legate alla sessualità delle ragazze e a persistenti disuguaglianze di genere.
È importante affrontare il problema delle mutilazioni genitali femminili attraverso più vie:
– Misure di sviluppo
Nei paesi in via di sviluppo, le comunità interessate dalle MGF hanno priorità più urgenti che non l’abbandono della pratica, come l’accesso all’istruzione, ai servizi igienico-sanitari, il miglioramento dell’agricoltura e la trasformazione dei prodotti alimentari. Per raggiungere gli obiettivi di sviluppo in queste aree, è fondamentale integrare nelle politiche di sviluppo l’abbandono delle MGF come elemento chiave.
– Politiche migratorie
Molte comunità di migranti interessate dalle MGF mantengono forti legami con i paesi di origine, nei quali le ragazze vengono spesso portate per essere sottoposte alla pratica. Questo legame ha quindi un peso sulla decisione o meno di eseguire le MGF. Per favorirne l’abbandono, è fondamentale promuovere l’empowerment delle comunità della diaspora attraverso la partecipazione attiva alla progettazione di approcci su misura per contrastare le MGF sia nell’UE che nei paesi d’origine.
– Misure di integrazione
Le MGF sono una norma sociale: la scelta di abbandonare la pratica è influenzata da fattori culturali, psicologici, sociali ed emotivi complessi. Le comunità diasporiche in Europa hanno le potenzialità per contribuire alla prevenzione ed eradicazione della pratica. Per l’abbandono di quest’ultima, sono fondamentali misure onnicomprensive di integrazione tese all’inclusione, al dialogo interculturale e all’empowerment delle donne.
– Costruire ponti
È opinione condivisa che la relazione tra le comunità nei paesi di origine e quelle nei paesi di destinazione incida sulla decisione di eseguire o meno le MGF. La dimensione globale delle MGF richiede pertanto lo sviluppo di interventi transnazionali, incentrati sulla “costruzione di ponti” tra le comunità che vivono in Europa e quelle nei paesi interessati dalla pratica, soprattutto in Africa.
Le MGF sono una palese violazione dei diritti della donna: sono discriminatorie e violano il diritto delle donne alla salute, alle pari opportunità, a essere tutelate da violenze, abusi, torture o trattamenti inumani, come prevedono tutti i principali strumenti del diritto internazionale. Le MGF sono pericolose e hanno conseguenze gravi sulla salute delle donne che ne sono vittime, sono procedure disumane che devono essere combattute sempre. Le MGF non hanno spazio nella società civile.

F.V.

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