Soggetti smarriti
Oggi non possiamo fare a meno di constatare una particolare difficoltà che i soggetti incontrano, che ha a che fare con una sensazione di mancanza, di vuoto nel loro viversi, una sensazione di fuga dalle emozioni o ancora di non riuscire a vivere a pieno la propria vita, di sbagliare, di non potercela fare. La mancanza simbolica, invece, è per la psicoanalisi la molla di un dinamismo che può portare qualcuno a bussare ad una porta chiedendo aiuto, chiedendo uno scambio simbolico con l’Altro.
I soggetti che suonano alla porta del Centro Psicoanalitico di trattamento dei malesseri contemporanei possono portare un interrogativo apparentemente confuso, oppure un disagio che li ha schiacciati, risucchiati all’inverosimile, o un’angoscia che non permette loro più di vivere. Sono questioni che danno voce ad un tempo soggettivo che possiamo chiamare di smarrimento. Proprio perciò è importante che il soggetto trovi un Altro interlocutore che possa accogliere la sua urgenza nel modo opportuno; modo che non è garantito e che non può sapersi prima a partire da un manuale di procedure. In questi frangenti si tratta per il soggetto di voler prendere parola includendo l’Altro, come condizione per cercare un senso, lì dove sembrerebbe essersi perso. Per questo motivo, la posizione di chi si troverà ad accogliere questa prima parola soggettiva è delicata e richiede di essere avvertiti.
C. si presenta al Centro Psicoanalitico dicendo che non va d’accordo con la sua famiglia, sta male e non ce la fa a lavorare. La famiglia insiste, dicendogli che andando a lavorare gli passerà tutto. C. invece ha provato in tutti i modi, ma proprio non ci riesce, sviene spesso sul posto di lavoro. Si chiede se sia la luce del neon che non sopporta e aggiunge che sono comparsi altri problemi, come la paura di stare al chiuso e la paura della folla. Si tratta di un soggetto che racconta di un improvviso venir meno dei riferimenti prelevati nell’Altro e della sua contemporanea caduta nel vuoto. I battiti accelerati del corpo, sudorazione, manifestazioni del corpo incontrollabili: sola risposta che il soggetto trova in quel momento per arginare il vissuto di sparizione di sé e dell’altro e per sentire che si è ancora vivi, quanto meno nel corpo.
Una giovane di venticinque anni si presenta al Centro Psicoanalitico dicendo di sentirsi molto in imbarazzo. Quando la incoraggio a parlare, dice di sentirsi molto confusa, pensa di fare una cosa e poi ne fa un’altra, non riesce a portare a termine gli impegni che inizia, desidera trovare un equilibrio. Riesce a trovare solo piccoli lavori con contratti a termine i quali, poiché precari, la mettono sempre più in difficoltà. Ha aperto una piccola azienda di restauro, ma anche in quell’occasione, da sola, non ce l’ha fatta. Si sente una fallita, “la deficiente” sempre insicura. Si è rivolta al Centro Psicoanalitico per trovare due dritte che la orientino. Il soggetto domanda in questo caso un aiuto per ritrovare la bussola che lo possa ri-orientare.
V. è all’ultimo anno di Università. Ha paura di concludere, si domanda cosa succederà dopo. Da una parte vuole laurearsi, dall’altra si chiede se riuscirà a realizzare qualcosa. Vorrebbe fare un percorso al Centro Psicoanalitico per essere sostenuta, per fare un passaggio da studente a lavoratrice.
A. non sa come fare, si sente in colpa nei confronti dei genitori che la mantengono, ma non capisce perché non riesca a trovare lavoro. Alla fine del colloquio riesce a formulare ciò che le piacerebbe fare, ma teme che sia un mestiere che non porta tanti soldi. Aggiunge che si prenderà del tempo per capire quale sia il suo vero desiderio; non vuole più fare delle cose che la facciano sentire obbligata.
Come possiamo leggere questi tentativi di richiesta d’aiuto? Si tratta di accogliere la lamentela del soggetto per separarlo da una pietrificazione della standardizzazione, così da cercare di circoscrivere ciò che lo angoscia.
Forse, oggi, essere conformi sembra essere una specie di valore imposto. Forse proprio perciò è diventato molto complesso, per i giovani, costruirsi un posto nel mondo attuale, dove tutto sembra svanire nel nulla. “Sempre più si fa ricorso alla metafora del liquido per indicare la crisi del reale in cui il soggetto contemporaneo si perde, immerso in un mondo di parvenze”.
In questa prospettiva non si tratta di spiegare delle tecniche, né di dare consigli, né tantomeno si tratta di normalizzare il funzionamento del soggetto, assimilando ciò che egli porta di singolare ad un semplice disturbo standard. Jacques Lacan, nei suoi Seminari, era solito ricordare come fosse sempre in agguato il potere della suggestione nella cura. Proprio perciò lo psicoterapeuta non può prendere la posizione di colui che guida moralmente il paziente. Il lavoro con ogni soggetto che bussa alla nostra porta deve essere quello di produrre una separazione tra ciò che egli dice e ciò che sta chiedendo. Né l’uomo, né il suo pensiero sono una macchina; si tratta, quindi, di produrre del desiderio nuovo, inedito, affinché avvenga una separazione dall’alienazione collettiva di tipo conformista, una separazione da un’identificazione di massa e dalle icone.
Possiamo dire che se un soggetto arriva al Centro Psicoanalitico portando una questione che riguarda il lavoro – che si tratti della difficoltà di trovarlo, oppure di mantenerlo, o che non riesca a lavorare perché non ne ha voglia -, si può accogliere tale enunciato come se fosse un sintomo, per provare a decifrarlo. È proprio da questo residuo che si può ripartire, da questo insopportabile sintomo segno, sintomo che si presenta, scrive Lac
Antonietta Meo
Socia del Centro Psicoanalitico di trattamento dei malesseri contemporanei – onlus
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