Maternitá tra desiderio e cambiamento – parte 2
Indice dei contenuti
Maternitá tra desiderio e cambiamento
Maternità: allestire un grembo fisico e psichico capace di accogliere una vita che nasce vuol anche dire trasformarsi
“Quando si diventa madri
Nell’intimo delle madri
è sempre la prima volta…”
di Sophie Marinopoulos
Richiesta d’aiuto.
Ricordo anni fa la richiesta d’aiuto di una giovane donna di 22 anni, L., innamorata e disorientata da una gravidanza che non immaginava potesse presentarsi così precocemente rispetto alle sue aspettative. La sua storia rifletteva l’impreparazione a vivere un ruolo per il quale si sentiva troppo giovane. Dopo le prime sedute di assessment a L. fu chiaro il bisogno di differenziarsi da sua madre che, a sua volta, rimase incinta di lei a 21 anni e mezzo.
La terapia si concluse un anno e nove mesi dopo. Alcuni dei passaggi più significativi della gravidanza e del primo anno di vita della figlia di L. furono opportunità preziose per conoscere aspetti importanti di sé che permisero alla paziente di continuare serenamente il suo meraviglioso viaggio dentro la vita.
Il pediatra e psicoanalista Donald Winnicott, il cui lavoro clinico e teorico ha approfondito il tema del rapporto madre-bambino, definiva la “madre sufficientemente buona” quella capace di accudire e di intrattenere oltre che di nutrire il bambino. E in quella capacità di contenimento, definita holding, il neonato trova lo spazio in cui muoversi e svilupparsi.
Dal canto suo la storia di L. ci mostra anche quanto “la questione dell’essere o no madre non sia bianca né nera, ma sfumata delle qualità di tutte le nostre altre relazioni” (J. Borysenko, Essere donna, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 1999).
La donna vive la fecondità nel proprio corpo
I silenzi di Giocasta
e nella propria psiche…
di Lucie-Anne Skittecate
Richiesta di cura
La richiesta di cura di G. è invece partita da una forte sofferenza legata alla mancanza. Aveva 35 anni quando è arrivata in studio e il peso che si trascinava da tempo pareva troppo ingombrante per lasciare posto ad altro. Noi sappiamo che per nascere il primo elemento necessario a una creatura è proprio lo spazio.
E come possiamo fare spazio alla vita nascente quando i ricordi che invadono la nostra memoria sono intrisi di immagini di sofferenza? Come possiamo lasciarci avvicinare da uomini amorevoli quando le esperienze precoci con il maschile sono state abusanti? L’immagine che la paziente condivise al termine della prima seduta fu quella di un punto ai piedi di una montagna enorme, vulcanica, in procinto di eruttare. Il percorso intrapreso un anno dopo da quella prima seduta l’ha vista determinata nel voler affrontare i fantasmi che occupavano il suo cuore.
E a distanza di due anni dall’inizio della terapia l’incontro con un compagno che non immaginava sarebbe stato l’uomo con cui convive ormai da tre anni fu l’evento con il quale si sorprese di avere iniziato un nuovo capitolo della sua vita di madre. Quando ci salutammo qualche anno fa mi disse che, durante il tragitto percorso insieme, alcune fotografie si sono sbiadite al punto da lasciar spazio a quelle che in questi ultimi anni riconosce di aver fermato e impresso nel suo cuore. La più vivida la ritrae con il pancione di profilo, mentre cammina, sorridendo, sul bagnasciuga.
Eugène Minkowski, celebre psichiatra e psicopatologo francese, padre fondatore con Ludwig Binswanger, della psichiatria fenomenologica, in un testo pionieristico, Il Tempo Vissuto (E. Minkowski, Il tempo vissuto, Fabbri editore, Milano, 2007), scrisse che «lo slancio vitale ci svela l’esistenza dell’avvenire… gli dà un senso… lo apre e lo crea davanti a noi…». E l’esperienza del tempo cambia quando ci confrontiamo con la solitudine così come cambia quando in quella solitudine arriviamo ad aprirci alla fiducia nelle nostre potenzialità.
Gladys Pace
Psicologa-psicoterapeuta, specialista in Psicologia clinica
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