L’autunno della vita – parte II

Già Freud in uno scritto del 1916 intitolato “Caducità” metteva in evidenza che due possono essere gli impulsi della mente di fronte alla caducità delle cose della vita: un atteggiamento di dolorosa malinconia o di ribellione al fatto asserito delle forze della distruzione. Dice inoltre che la bellezza del corpo e del viso umani svaniscono per sempre nel corso della nostra vita, ma la loro evanescenza dà loro solo un nuovo fascino. È il suo modo di dirci che ci si può fare con il lutto e la perdita. Dice che il lutto per la perdita di qualcosa che abbiamo amato sembra un fatto naturale, non cosi per gli psicologi peri quali rappresenta un enigma. Il fatto è che una certa quantità di capacità di amare, la libido, originariamente è centrata sull’Io e viene spostata sugli oggetti d’amore fin dalla primissima infanzia. Quando questi stessi oggetti d’amore scompaiono la libido ritorna sull’Io per essere spostata su altri nuovi oggetti d’investimento; ma per Freud ciò che risulta poco comprensibile è il perché questo processo debba essere così doloroso.
Egli in verità indica una via percorribile nell’accettare i propri limiti negli eventi di perdita e di non negare il cambiamento ed incita piuttosto ad accogliere il nuovo e a ripensare un nuovo ruolo. L’anziano spesso non ne vuole sapere del nuovo, ha antipatia per le innovazioni e non tollera nei giovani le abitudini diverse. Non vuole conoscere nuove persone e il suo cerchio di legami finisce con l’impoverirsi, l’eloquio diventa monotono, ripetitivo, il suo mondo interno privo di creatività. L’egocentrismo accompagnato da insicurezza e magari da paura del futuro e della povertà possono costituire l’anticamera della depressione, evento relativamente frequente tra gli anziani. Si tratta comunque di considerazioni generali in quanto in campo psichico le differenze sono notevoli e riguardano, caso per caso, come ciascuno riesce a elaborare la perdita e a fare col proprio desiderio.
Ai primi segnali di depressione è importante che si consultino medici e/o psicologi. Nel rivolgersi ad uno psicologo o a uno psicoterapeuta a volte c’è in latenza dell’apprensione che qualcosa si destabilizzi, che le poche certezze residue sfumino. Occorre allora chiarire che si tratta non già di stravolgere l’impianto di una vita intera, come alcuni potrebbero temere, ma di far ritrovare il bandolo del desiderio attraverso il racconto degli eventi passando anche attraverso la rievocazione di quelli dolorosi. Con l’elaborazione è possibile produrre degli spostamenti di significazione e il soggetto, nel raccontarsi, si disangoscia. Intervento questo tanto più importante laddove il soggetto faccia parte di struttura familiare o di un tessuto sociale non predisposti a questo lavoro di ritessitura della vita. La solitudine, male della nostra epoca, è tanto più dolorosa quando il corpo cede, si ammala o semplicemente non ce la fa. Non ci sono consigli validi per tutti; ciascuno magari con un po’ di aiuto e di ascolto può ritrovare quella serenità che gli possa consentire di accogliere gli ultimi traguardi della vita.

Maura Fabrizia Musso
Socia dei Centro Psicoanalitico di trattamento dei malesseri contemporanei – ONLUS

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