L’autunno della vita – parte I
Con questo anno il Centro Psicoanalitico di trattamento dei malesseri contemporanei onlus compie 19 anni dalla sua apertura in Torino. Nato per iniziativa di un gruppo di psicoanalisti di orientamento lacaniano convinti dell’utilità pubblica della psicoanalisi, il Cepsi con i suo svariati progetti ha porte aperte a chiunque si trovi ad attraversare un momento particolarmente difficile nella propria vita individuale, familiare, lavorativa o per cagione di salute.
Luogo di ascolto e di cura accanto all’impegno degli psicoterapeuti nei trattamenti che possono essere condotti singolarmente o per gruppi, il Cepsi con la sua sezione di ricerca cerca di produrre nuove interpretazioni del disagio contemporaneo attraverso l’analisi delle domande dei soggetti che vi si rivolgono. Prima ancora del trattamento vero e proprio psicologi e psicoterapeuti devono far fronte a volte a domande opache, poco orientate oppure a domande che esprimono timore o impedimenti: non ho soldi, non ho un lavoro, non ho tempo o forse è già troppo tardi per risolvere una questione.
Dall’analisi dei dati emerge come solo una piccola percentuale di soggetti che accedono al Cepsi abbia un età superiore ai sessant’anni. Questo fatto può apparire in contrasto coi dati generali di distribuzione per età della popolazione di cui la popolazione anziana rappresenta una larga fetta. Cosa trattiene i soggetti di età avanzata ad accedere ad un luogo dove si possono mettere in parola le difficoltà che si incontrano? Quali reticenze culturali? Quali priorità ha l’anziano? Le scoperte scientifiche e il miglioramento delle tecnologie hanno favorito l’allungamento della durata della vita nelle società occidentali. Per effetto della spettanza di vita i trattamenti pensionistici vengono posticipati e gli anziani si trovano confrontati nel mondo del lavoro con le nuove generazioni spesso con richieste prestazionali analoghe.
Il gap generazionale a ridursi e se questo da un lato può rappresentare uno stimolo positivo per l’anziano, spesso si assiste ad un tentativo forzoso di ringiovanimento a cui collaborano i mass media nella costruzione del mito di un corpo infallibile e non intaccato dal tempo.
Il “senza tempo”, l’atemporalità che è caratteristica dell’inconscio, viene spostata dalla realtà psichica direttamente sul reale del corpo non senza alcune problematiche. La medicina si trova a testimoniare di questo asincronismo tra l’atemporalità del desiderio e la temporalità del corpo biologico trovandosi confrontata, tanto per citare un esempio, a domande di procreazione assistita in età piuttosto tardiva. Anche la medicina sembra destinata ad accogliere e a proporre soluzioni fino a pochi decenni fa ritenuti dell’ordine dell’impossibile.
Attraverso interventi estetici, frequentazione di palestre, diete e altri interventi sul corpo si cerca di annullare gli effetti del tempo sul corpo biologico e solo per chi non riesce a stare al passo con questa costruzione narcisistica e immaginaria c’è il rischio di sentirsi escluso in un mondo che richiede molte performances. Senza contare che quando poi arriva il tempo vero e proprio del pensionamento, in una società come la nostra in cui si viene identificati come soggetti produttivi, la cessazione dell’attività lavorativa e produttiva viene a togliere in modo particolare all’uomo il suo ruolo, il suo elemento valorizzante relegandolo in una posizione marginale della società.È qui che, pur senza creare delle generalizzazioni, è possibile che alla perdita della rete sociale che il lavoro assicura chi è in pensione può togliere; sopperire con una sostituzione rivolgendosi ad altra rete familiare, amicale oppure al mondo dell’associazionismo e del volontariato. Si tratta di trovare un nuovo paradigma di vita sociale che faccia da contraltare al valore riduttivo del corpo come mezzo per produrre e per consumare, effetti questi della società capitalistica e post-moderna. Nel caso della donna è la menopausa che spesso va a coincidere col tempo in cui i figli si staccano dal nucleo familiare d’origine, a produrre vacillamenti nei ruoli sociali e a cagionare sofferenza intima. È un dolore privato che le donne confidano con difficoltà e che spesso porta il mascheramento di una depressione.
In entrambi i casi si tratta di caduta di identificazioni su cui ci si è sostenuti nel corso della vita e come ogni identificazione che cade comporta un grado di sofferenza legata alla perdita della propria immagine di sé. Come ovviare in questo punto di vuoto? La senilità comporta inoltre lutti e perdite nella realtà. Quali risorse mettere in campo? Talvolta ad alcuni soggetti che si rivolgono per un sostegno psicologico può sembrare che queste risorse siano venute meno, siano scomparse.
Maura Fabrizia Musso
Socia dei Centro Psicoanalitico di trattamento dei malesseri contemporanei – ONLUS
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