La vita oltre il tumore – parte 2

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La vita oltre il tumore
Le malattie sono sempre portatrici di informazioni, di scoperta di sé e possono trasformarsi in nuovi punti di partenza, anche il tumore.
Desiderio di cancellare quel giorno dalla testa
E mi tornano in mente le parole del giornalista Tiziano Terzani, quando quasi al termine del suo viaggio attraverso il tumore che l’aveva colpito, scrive: «Allora, quando hai un problema fermati, fermati, fermati. Ascoltalo e cerca di trovare la risposta dentro di te. Perché c’è. Dentro di te c’è qualcosa che ti tiene insieme, che ti aiuta, c’è una vocina. Ascoltala. Questi la chiamano “Dio”, quelli la chiamano qualcos’altro, ma c’è». (La fine è il mio inizio, Longanesi, Milano, 2006).
Noi sappiamo che il sistema immunitario sembra costituire l’anello di congiunzione tra lo psichico e il biologico. E il modo in cui un paziente reagisce alla malattia influisce sulla velocità di progressione della stessa (P. Pancheri, M. Biondi a cura di, Stress, Emozioni e Cancro, il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 1987). L’attitudine positiva e una partecipazione attiva al programma terapeutico possono essere stimolati nella persona che decide di avviare un percorso psicoterapeutico per essere aiutati ad affrontare il trattamento oncologico.
Più spesso il primo invio parte dal medico curante che suggerisce di accompagnare le terapie con un percorso di sostegno psicologico. A volte però sono gli stessi pazienti ad arrivare in studio con una domanda ricorrente: «Perché proprio a me?». E a quel punto se ne aprono di successive. «Qual è il senso? Come posso gestire la mia vita da qui?». Ma le domande, la necessità e l’utilità di un accompagnamento psicologico spesso sono anche quelle dei familiari e delle persone affettivamente vicine a chi riceve una diagnosi di questo peso.
“Scrivo e scrivo, con una facilità
L’ultima estate e altri scritti
e una felicità mai provate:
entro ed esco dalla malattia
come un fantasma attraversa i muri.”
di Cesarina Vighy
Ogni storia è unica e ogni donna con la quale ho lavorato ha condiviso la sua strada di ricerca e cura. Con ognuna ho camminato a fianco. Alcune di loro hanno scelto di utilizzare “Scrittura e Cura” (Il metodo – Scrittura e cura – parte 1 e parte 2 – prevede l’ausilio della Scrittura nell’accompagnare il soggetto verso la cura di sé. Si tratta di uno strumento utile a stimolare l’espressività di chi porta una richiesta d’aiuto, nel rispetto di tempi e modalità che si definiscono ad ogni incontro e la cui direzione guarda alla ricerca di nuovi equilibri) per affrontare malattie più o meno invasive per periodi limitati o sostenuti, interrotti e poi ripresi.
Il dono inaspettato e generoso che alcune di esse hanno riportato è stata l’esperienza della bellezza. «Una sensazione di pienezza, come di rinascita!», «Ascoltandovi e ascoltandomi mi sono ritrovata davanti a uno specchio e l’immagine che porto via è quella della bellezza!», «e non è solo la bellezza della vita, ma la vostra e forse anche la mia». E questi contributi che mi sono stati lasciati in dono da tre donne la cui vita è stata toccata, rivoltata e ritrovata dall’incontro/scontro con il tumore hanno la forza di un tonico che risveglia la voglia di vivere.
“Se uno vive senza mai chiedersi perché vive,
Un altro giro di giostra
spreca una grande occasione.
E solo il dolore spinge a porsi la domanda.”
di Tiziano Terzani
Caso clinico
In diverse occasioni ho riscontrato come i percorsi di sostegno nell’incontro con una malattia tumorale oltre ad aprire, per le persone che hanno scelto di avviarli, nuovi spazi di scoperta di sé, si sono sovente trasformati nel tempo in punti di partenza per nuove direzioni. E ricordo in particolare il giovane L. Per lui la cura è iniziata dopo l’ultimo ciclo di chemioterapia. L’obiettivo dei medici era la distruzione delle cellule cancerogene individuate nella mano destra, quello di L era riprendere al più presto le lezioni di piano.
Consultare uno psicologo è stato il suggerimento di un amico al quale aveva confidato, pochi giorni prima della diagnosi, che l’incontro con il pianoforte gli aveva cambiato la vita. Fare musica, accarezzare i tasti, vibrare in silenzio: tutto questo l’aveva scoperto quasi per caso. Anche se può diventare evidente quando le coincidenze arrivano a modificare profondamente il corso della nostra esistenza che in realtà “Nulla succede per caso”. (È questo anche il titolo di un saggio di R.H. Hopcke. Nulla succede per caso, Mondadori, Milano, 1998).
Scendendo le scale del palazzo dove prendeva lezioni di piano, L si era ritrovato davanti alla porta del mio studio e fu lì che decise di tornare quando dovette interrompere le lezioni durante la chemio. Le nostre sedute durarono il tempo sufficiente a L per riprendere in mano la sua nuova vita. Passò un anno da quando, la seduta precedente alla chiusura del nostro percorso, mi disse «nel salutarla e ringraziarla dottoressa, voglio che lei sappia che anche con la fine della terapia, lei continuerà a sentirmi».E furono melodie sempre più spesso vivaci quelle che le sue mani proseguirono a suonare, un pomeriggio a settimana, al piano di sopra di uno degli studi presso i quali ricevo.
È con le parole di un’altra paziente che desidero concludere questo articolo. Dopo qualche mese di psicoterapia, in un periodo nel quale seguiva un programma intenso di cure farmacologiche, una sera, al termine della nostra seduta mi disse: «La scoperta più bella che ho fatto qui e che da qui mi porto via è che oltre il tumore c’è la vita!».
Gladys Pace
Psicologa-psicoterapeuta, specialista in Psicologia clinica
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