La tomografa ad emissione di positroni nel paziente pediatrico – parte I

Quando si è identificato il protagonista di una storia, è possibile seguirne tutte le vicende a lui legate. Su questo concetto, semplice ma fondamentale, si basa tutta la medicina nucleare (branca specialistica della medicina) e in particolare il grande successo dell’utilizzo della tomografia ad emissione di positroni (PET) con il fluorodesossiglucosio (FDG) nello studio della maggior parte dei tumori maligni. Il fluorodesossiglucosio è uno zucchero molto simile al glucosio, al quale viene legato una speciale “lucina” che emette radiazioni, il fluoro (18F), e come tale può essere identificato dall’esterno grazie ad una particolare “macchina fotografica”, il tomografo PET.
Come si riesce con questo metodo a individuare i tumori nell’organismo?
Tutte le cellule del nostro organismo, chi più chi meno, utilizzano per la loro vita quotidiana il glucosio come principale fonte di energia. Le cellule tumorali, che derivano dalla trasformazione di una cellula normale, utilizzano anche esse il glucosio ma, a differenza di quelle normali, sono molto più capaci e avide di procurarselo, sottraendolo alle cellule normali. Ecco che, essendo FDG similare al glucosio, le cellule tumorali assumeranno livelli più elevati di questa sostanza rispetto ai tessuti normali e se al FDG sarà legata la “lucina” (radioisotopo) si potrà rilevarne la distribuzione in tutto il corpo dall’esterno con la macchina PET.
Più recentemente alla macchina PET è stata unita la TC (tomografa computerizzata), che permette di essere più precisi nell’identificazione anatomica dell’immagine rilevata dalla sola PET. Il potente computer che gestisce la macchina PET/CT rielabora tutti i dati ricevuti e produce immagini tridimensionali della distribuzione dello zucchero radiomarcato (18F-FDG) nel corpo. Talvolta è possibile scoprire lesioni di dimensioni piccole sino a un minimo di 5 mm, se l’accumulo del 18F-FDG è sufficientemente intenso. Si ottengono così informazioni sulle cellule maligne vitali presenti, sul loro progressivo sviluppo o sulla loro morte indotta dai trattamenti radio e chemioterapici, anche quando altri esami diagnostici lasciano dei dubbi sulla natura delle lesioni sospette.
Anche se il cancro è molto meno comune nei bambini che negli adulti (solo il 2% di tutti i tumori si verificano prima dei 15 anni di età), è un’importante causa di mortalità in pediatria e circa il 10% delle morti durante l’infanzia sono attribuibili al cancro. Nonostante il relativo
esiguo numero di unità specializzate in esami PET pediatrici, un sempre maggior numero di studi in letteratura indica che la PET/CT fornisce informazioni diagnostiche importanti nella valutazione di linfomi, sarcomi, eptoblastomi, neuroblastomi, tumori a cellule germinali, tumori cerebrali e altri tumori, malattie tipiche dell’età infantile ancorché rare quali neurofbromatosi, istiocitosi a cellule di Langerhans, contribuendo ad una migliore definizione di malattia, alla valutazione dell’estensione della stessa in un unico esame (stadiazione), se il tumore e le sue metastasi rispondono al trattamento chemioterapico, se vi è persistenza di cellule tumorali vitali alla fine dei trattamenti o si è verificata una recidiva della malattia (ristadiazione e follow-up).

Angelina Cistaro
Centro PET IRMET S.p.A.,
Euromedic inc., Torino
Coordinatore nazionale Intergruppo di Studio “PET in pediatria”
Ricercatore Associato CNR Roma

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