La fiducia nella cura – parte 1

Salute Mentale fiducia nella cura

Indice dei contenuti

Avere fiducia nella cura

Fiducia nella cura: la differenza la facciamo noi, lasciando andare le paure che ci ingabbiano o accogliendo uno sguardo che può darci un appiglio per tornare a sorridere.

“Nel momento in cui mi fido, faccio
una scommessa; nulla mi garantisce
che sarà vincente; posso anche perdere.
Ma scommettendo mi concedo almeno
la possibilità di scoprire l’altro e,
ancor più, di scoprire me stesso.”

Avere fiducia
di Michela Marzano

A volte capita che il dolore delle nostre ferite sia forte al punto da volerlo annullare come ci aspettiamo faccia rapidamente una pastiglia assunta per combattere un insopportabile mal di testa. Altre volte ci accorgiamo invece di come l’aspettativa di un beneficio terapeutico, anche in assenza della somministrazione di una terapia, possa ridurre la nostra ansia e farci sentire meglio. Spesso la richiesta delle persone in difficoltà passa attraverso il “non so se fidarmi”. Diverso è quanto accade con i bambini. Lì essere diretti nel chiedere aiuto appartiene a un periodo del ciclo di vita ancora libero da sovrastrutture.

“Questa è l’esperienza dell’infanzia: l’io corre, salta e fa capriole. Cammina in continuazione su tutti i piani che formano la base del sé che si formerà in futuro, e li prova tutti” (W. Schmid, L’amicizia per se stessi, Campo dei fiori- Fazi Editore, 2012).

Accade però che la spontaneità con la quale ci si approccia alla realtà, in certi casi, possa subire dei piccoli colpi, non necessariamente brutali, ma, se avvertiti in momenti importanti per un equilibrio ancora instabile, già in grado di incrinare un terreno non ancora asfaltato. È sorprendente quante volte nei percorsi avviati da uomini e donne già in età matura, le voci dei bambini e delle bambine che un tempo sono state messe a tacere producano suoni inaspettati.

La riscoperta dei desideri, indicibili 30 o 40 anni fa, si accompagna ai modi differenti con i quali un tempo si evitava per esempio di affrontare lo sviluppo fisiologico o i primi battiti del cuore in adolescenza. Molte domande sul “cosa mi succede” sono state rivolte a coetanee spesso impreparate a fornire spiegazioni esaurienti e in grado di racchiudere quel naturale sconvolgimento interiore che il superamento della pubertà porta con sé. E penso a quanto il vivere un’emozione intensa trattenendoci dalla gioia di condividerla possa nel tempo portarci ad allargare la distanza tra il detto e il non detto.

“Nella cura, infatti, ci troviamo quasi sempre là dove non ci aspettavamo di trovarci” (A. Ditadi, O. Bonso, Manuale di pratica della relazione nell’assistenza infermieristica, Casa Editrice Ambrosiana, 2017). Mi è capitato di accompagnare dei genitori in un cammino spesso poco lineare verso l’accettazione di una scelta di coppia differente da quella immaginata per i loro figli. E in quelle situazioni la comprensione delle differenze ha spesso lasciato entrare nella relazione ventate rigeneranti di una fiducia fino ad allora inconsistente.

“Mi si fissò invece il pensiero
ch’io non ero per gli altri
quel che finora, dentro di me,
m’ero figurato d’essere.”

Uno, nessuno, centomila
di Luigi Pirandello

Ricordo il Signor V. Quando è arrivato in studio, una decina di anni fa, la seconda cosa che disse fu: «Io non credo agli psicologi, sono qui perché la mia amica erborista mi ha detto che il suo approccio è diverso dagli altri». La prima cosa che disse fu: «Io non sono mai stato da uno psicologo».

E solo alla quarta seduta, due minuti prima della fine dell’ora, mi chiarì: «Se io mi trovo bene, poi da qui non mi muovo». Il tema della fiducia era entrato con lui in studio dal nostro primo sguardo. Ed è proprio da lì che, nel presentarci all’altro, nello spazio protetto di un colloquio, arriviamo a mostrare le immagini di cui ci sentiamo investiti, i giudizi che abbiamo raccolto nel corso della nostra vita.

Gladys Pace
Psicologa-psicoterapeuta, specialista in Psicologia clinica

© NOTIZIE PER TE – Farmauniti

Crediti immagine: Designed by Freepik