Internet, occhio alla bufala – parte 1

Salute & Benessere su internet

La salute su internet, una sfera di cristallo che può mentire

I risultati di una ricerca su come ci si informa via Internet
Un nuovo vocabolo, il sospetto o la certezza diagnostica di una malattia di cui non si conoscono le conseguenze, il desiderio di conoscere di più per prendersi meglio cura di se stessi o dei propri cari. Le necessità che spingono a cercare informazioni sulla salute sono tante, ma la reazione più comune è una sola, collegarsi a Internet, guardando dentro il monitor come se si trattasse di una sfera di cristallo in grado di fornire verità sul passato e sul futuro, e non di un deposito di informazioni non sempre affidabili o complete.

Un’abitudine ormai consolidata anche nel nostro Paese, dove oltre l’88 per cento degli italiani (il 93,3 tra le donne) consulta il web quando ha bisogno di documentarsi sulla salute e il 44 per cento ritiene che questa abitudine sia poco o per nulla rischiosa. Quasi uno su due si affida ai primi risultati restituiti dai motori di ricerca, senza riflettere sulla veridicità delle fonti.

È quanto emerge da un sondaggio commissionato da Ibsa Foundation for scientific Research. «Abbiamo condotto questa indagine perché riteniamo importante alimentare il dibattito su questo tema e indagare su ciò che può essere fatto per migliorare la cosiddetta health literacy o cultura della salute», spiega Silvia Misiti, direttore di Ibsa Foundation.
«La nostra fondazione – che ha lo scopo di promuovere, sostenere e contribuire allo sviluppo della ricerca scientifica – sta lavorando da tempo sul tema dell’e-health in generale.

Le enormi possibilità offerte dalla rete in tema di disponibilità di informazioni possono trasformarsi in un pericolo, se gli utenti non sono in grado di valutare l’affidabilità di quello che trovano. Questo è tanto più vero quanto più sono delicate le aree oggetto delle ricerche».

I numeri

A ricorrere maggiormente a Internet quando si tratta di approfondire temi inerenti la salute sono le persone più colte: vi ricorre il 96 per cento dei laureati e appena il 24,5 di chi non è andato oltre la licenza elementare. Non è detto però che queste ricerche siano svolte in modo corretto.

È infatti particolarmente allarmante il fatto che quasi la metà delle persone coinvolte nell’indagine non sembra preoccuparsi delle bufale in rete e, in particolare, sui social network. Scarsa anche l’attenzione verso le fonti: il 44 per cento si affida per abitudine ai primi risultati della pagina con una differenza rilevante tra 18-24enni (55 per cento del campione) e ultra sessantacinquenni (appena il 22,7 per cento).

Emerge tuttavia una maggior consapevolezza delle proprie azioni da parte dei più giovani: gli intervistati della fascia di età 24-34 anni utilizzano intensamente il web come “supporto” delle loro ricerche ma sono più diffidenti rispetto ai 45-54enni. Diffidenti a priori (usano poco il web e lo percepiscono come fonte “ad alto rischio”) sono invece gli over 65.

La maggior parte del campione (oltre il 77 per cento) quando si tratta di salute si fida solo delle informazioni che provengono da siti web che conosce e che ritiene affidabili, soprattutto gli over 65 (oltre il 90 per cento degli intervistati di questa età). I più “fedeli” sono gli abitanti del centro Italia, i liberi professionisti, e coloro che lavorano in qualità di dirigente, quadro o funzionario, seguiti da pensionati e casalinghe.

Health literacy

Per aiutare i cittadini a difendersi dalle bufale in rete è stato stilato il primo decalogo sulla health literacy, un termine che indica il grado in cui gli individui hanno la capacità di ottenere, elaborare e comprendere le informazioni di salute, i servizi e le competenze necessarie per prendere decisioni e compiere azioni informate per la salute.

Scarse competenze di health literacy comportano per i pazienti scelte poco salutari, comportamenti rischiosi, minore capacità di autogestione e più ospedalizzazione. In questo decalogo è stata raccolta e riportata una serie di indicazioni e consigli pratici e semplici per difendersi dalle informazioni incomplete o false che circolano in rete ma anche per migliorare la comunicazione tra medico e paziente (vedi parte 2).

Paola Gregori

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