Fibrosi cistica – parte 1

fibrosi cistica

Fibrosi cistica: si vive di più grazie a diagnosi precoce e terapie personalizzate

La fibrosi cistica (Fc) è la più frequente fra le malattie genetiche rare e si manifesta fin dalla nascita con sintomi cronici che peggiorano con l’età. Si stima che nel mondo ne soffrano circa 70.000 persone, di cui quasi 5.000 in Italia (un bambino su 3.500), secondo il rapporto 2011-2014 del Registro italiano fibrosi cistica. In passato i pazienti non superavano i 10 anni mentre oggi, grazie a un approccio di cura multidisciplinare, più della metà raggiunge una sopravvivenza media di 40 anni circa e si stima che entro i prossimi sette anni il numero di pazienti adulti crescerà del 75%.

Come insorge

A causarla è una mutazione del gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator), la cui presenza altera a sua volta la produzione di una proteina, detta anch’essa CFTR, che risulterà essere malfunzionante o addirittura assente. In condizioni normali, questa proteina ha l’importante compito di permettere il passaggio di elettroliti (soprattutto cloro) e acqua dentro e fuori dalle cellule, regolando così l’equilibrio idroelettrolitico e la composizione dei fluidi nei dotti e negli organi del corpo. Nella fibrosi cistica, tale equilibrio viene gravemente compromesso dai difetti della proteina CFTR, con conseguente formazione di secrezioni dense e viscose che provocano ostruzioni, infezioni croniche e la distruzione progressiva degli organi colpiti. Ad oggi sono state scoperte oltre 2.000 mutazioni del gene CFTR (la prima ad essere identificata e la più frequente è la F508del): di alcune è nota con certezza la correlazione con la Fc, altre invece non generano la patologia, mentre di molte non si conoscono ancora l’effetto sulla proteina CFTR né le conseguenze cliniche.

Come si trasmette

La fibrosi cistica è una patologia ereditaria a carattere autosomico recessivo. Ciò significa che se una persona ne è affetta deve aver ereditato due varianti (entrambe causanti la Fc) del gene CFTR: una da ciascun genitore. I genitori che possiedono una copia mutata e una non di tale gene, sono definiti ‘portatori sani’ della patologia: ciò significa che possono trasmettere il gene della malattia ma non ne manifestano i sintomi, poiché la copia non alterata del gene CFTR garantisce un’adeguata e sufficiente produzione della relativa proteina. Si stima che, a ogni gravidanza, una coppia di portatori ha il 25% di probabilità di avere un bambino affetto da fibrosi cistica.

Come si scopre

La fibrosi cistica rientra nello screening neonatale di base delle malattie genetiche e viene diagnosticata in un primo momento con il test della tripsina, effettuato tramite un semplice prelievo ematico nelle prime 48-72 ore di vita. In pratica, viene dosato nel sangue un marcatore di funzionalità del pancreas – la tripsina immunoreattiva (Irt), appunto – e se il dosaggio risulta alterato (segno generico di sofferenza del pancreas, abituale nei neonati con Fc) il test viene ripetuto. In caso di conferma del dato si procede con il test del sudore, che rappresenta tutt’oggi il gold standard per la diagnosi di fibrosi cistica. L’esame prevede la stimolazione della sudorazione con una sostanza chimica, la pilocarpina, in una piccola area di cute dell’avambraccio o della coscia. Il sudore viene raccolto su un’apposita garza posizionata sulla zona di stimolo che verrà successivamente inviata in laboratorio per il dosaggio del cloro, i cui livelli nel sudore sono più elevati del normale in chi soffre di fibrosi cistica. Infine, ormai in tutti i casi, si procede con test genetici per individuare le mutazioni responsabili della malattia.

Come si manifesta

Gli apparati respiratorio e digestivo sono quelli principalmente interessati dalla fibrosi cistica. Da sottolineare, però, che il livello di coinvolgimento dei vari organi e l’evoluzione della malattia possono variare ampiamente da caso a caso in funzione del tipo di mutazioni del gene CFTR e per effetto di altri geni detti modificatori, ma anche a seconda dello stile di vita, della precocità delle cure e del grado di aderenza a esse.

Come si cura

Pur non esistendo ancora una cura che permetta di guarire dalla fibrosi cistica, sono comunque disponibili numerosi strumenti terapeutici che permettono di prevenire e curare le diverse complicanze della malattia, contrastandone l’evoluzione. Questi programmi integrati di trattamento, volti in particolare a correggere precocemente i problemi respiratori, l’insufficienza pancreatica e a mantenere un buono stato nutrizionale, hanno contribuito nel tempo a prolungare la qualità e la vita dei pazienti.

• L’antibioticoterapia

È molto importante per il controllo delle infezioni, favorite dai muchi che ostruiscono le vie respiratorie. Viene solitamente prescritta in base al risultato dell’esame microbiologico sulle secrezioni bronchiali ottenute da tosse o da aspirato faringeo. Di norma si preferisce la somministrazione per via aerosolica, ma spesso è necessario ricorrere a terapie per bocca o anche a cicli in vena.

• La fisioterapia respiratoria

È di fondamentale importanza per combattere il ristagno di muco, ancor prima che sia comparsa l’infezione respiratoria. Il trattamento varia in base all’età del paziente e alla gravità della compromissione polmonare. Nello specifico del lattante, fin dai primi mesi di vita deve essere sottoposto a manovre che stimolino la detersione delle vie aeree e che vengono insegnate ai genitori.

• Gli enzimi pancreatici

Vengono prescritti e dosati in stretta correlazione con l’assunzione dei cibi per sopperire all’insufficienza pancreatica. La quantità di enzimi da somministrare deve essere valutata tenendo conto della gravità della compromissione pancreatica e delle abitudini alimentari dei pazienti, che devono osservare una dieta ipercalorica. Spesso si ricorre a un’integrazione con vitamine liposolubili (A, D, E, K) e sali, specie in estate.

Claudio Buono

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