Dolore alla spalla? Forse è periartrite

L’articolazione della spalla è un complesso osteo-muscolo-legamentoso che consente all’arto superiore di posizionarsi e di agire in tutti i piani dello spazio. La sua completa funzionalità necessita della completa integrità di 5 articolazioni, di più di 10 legamenti, di almeno 15 muscoli.
In particolare, la cuffia dei rotatori è costituita dai muscoli extrarotatori, sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo, e da un potente intrarotatore, il sottoscapolare; i tendini di questi muscoli avvolgono come una “cuffia” la testa dell’omero interponendosi tra la stessa ed il muscolo deltoide e l’osso acromiale. Lo scorrimento di questi due distinti piani anatomici è favorito dalla borsa subacromiale.
Il termine periartrite della spalla indica un processo infiammatorio e degenerativo “intorno alla spalla”, principalmente a carico dei tendini della cuffia dei rotatori, della borsa subacromiale e del tendine del capo lungo del bicipite omerale (CLB).
Negli ultimi venti anni il progressivo miglioramento delle tecniche artroscopiche (valutazione e trattamento dell’articolazione della spalla e dello spazio subacromiale con l’uso di una telecamera e di strumenti dedicati che vengono introdotti attraverso piccoli tagli nei tessuti) ha consentito di capire e quindi di curare meglio la spalla, perché ne ha svelato prima di tutto la normale anatomia, oltre che gli aspetti legati alla malattia.
Parallelamente, l’aumento dell’età media, dell’età lavorativa e la pratica dello sport con regolarità anche dopo i 60 anni di età hanno reso sempre più frequente il ricorso ad una valutazione medica per il dolore alla spalla insorto senza traumi o altra causa specifica.
Allo stato attuale delle conoscenze quindi la diagnosi di periartrite è troppo generica; il paziente con dolore alla spalla ha a disposizione esami diagnostici mirati e terapie efficaci, gestite in concerto dal medico di base e dallo specialista in chirurgia della spalla, che in molti casi garantiscono non solo la risoluzione del dolore ma anche il ritorno alle comuni attività.
 
Come affrontare quindi il dolore alla spalla?
Tra i 50 ed i 70 anni il normale processo di invecchiamento dei tessuti comporta anche nella spalla la comparsa di modificazioni della struttura e la riduzione dell’apporto ematico dei tendini, la riduzione del tono muscolare, la comparsa di osteoporosi, che possono determinare l’insorgenza di dolore che apparentemente il paziente non sa spiegare. Come per molte altre patologie, questi meccanismi
fisiologici sono accelerati da abitudini di vita sbagliate: in modo particolare agiscono in maniera negativa sui tendini il fumo, l’ipertensione
arteriosa, il diabete mellito. Dopo un primo tentativo terapeutico mediato dal medico di medicina generale, con l’utilizzo di antinfiammatori e ghiaccio ed il riposo, se i sintomi sono persistenti, è indispensabile ricorrere ad adeguati esami strumentali (radiografia, ecografia, RMN). Questo percorso diagnostico risulta tuttavia fine a se stesso e talora inconcludente se non è preceduto da un attento colloquio con il paziente (esame anamnestico), che valuti le abitudini di vita, le attività svolte, i modi ed i tempi della comparsa del dolore, e da un accurato esame clinico, con test di valutazione specifici e correlati alle singole patologie.
Troppo spesso si assiste all’arrivo del paziente nell’ambulatorio dello specialista in chirurgia della spalla, che con aria sconsolata dichiara di lamentare dolore ormai da mesi e di essere passato attraverso ogni genere di esame senza mai essere stato spogliato e visitato.
 
Quali esami diagnostici eseguire dopo la visita?
Il percorso corretto non dovrebbe mai dimenticare il “vecchio” esame radiografico. Oggi si accetta ancora il termine generico di periartrite, ma si corre immediatamente ad eseguire un esame molto complesso e costoso come la risonanza magnetica (RMN), sperando che da essa fuoriesca quasi magicamente la cura. Invece ancora una volta in molti casi esami più semplici e che richiedono minori tempi di attesa, come la radiografa e l’ecografia, si rivelano sufficienti per inquadrare un ampio gruppo di patologie. Un esempio per tutti: la capacità dell’ecografa di studiare il capo lungo del bicipite omerale (CLB) in maniera sia statica (ad arto superiore fermo) sia dinamica (durante lo svolgimento dei movimenti) supera di gran lunga l’immagine unicamente statica di questo tendine fornita dalla RMN. Infine, non bisogna dimenticare che la RMN serve a confermare e completare una diagnosi ipotetica fornita dall’esame clinico, oltre che a fornire informazioni importanti per i pazienti che si devono sottoporre ad eventuale intervento chirurgico (in caso di riscontro di lesioni che necessitino di essere riparate).
 
Quali possibilità di cura ha oggi a disposizione il paziente con un problema alla spalla?
I mezzi a disposizione per arrivare ad una diagnosi precisa sono cresciuti di pari passo alle possibilità terapeutiche, per cui si spazia dalle terapie fisiche (onde d’urto, laserterapia, tecarterapia…), ai programmi riabilitativi mirati (che hanno quale obiettivo il ripristino della funzione attraverso il ripristino del bilanciamento muscolare), agli interventi chirurgici (sia attraverso l’artroscopia sia con la chirurgia tradizionale).
Un discorso a parte meritano le infiltrazioni con farmaci a base di cortisone e/o di acido ialuronico, di cui tanto si sente parlare. Il paziente spesso viene sottoposto ad un ciclo infiltrativo perché “guarisce il dolore, perché “toglie l’infiammazione”, ma alla domanda “sulla base di quale diagnosi è stato sottoposto a questa cura?” purtroppo non sa rispondere, semplicemente perché manca una diagnosi recisa. Il cortisone ha a tutt’oggi un ruolo, ma solo nel contesto di alcune patologie, rientrando anch’esso nelle terapie mirate. Per quanto riguarda invece l’acido ialuronico la sua efficacia non è dimostrata per le malattie della spalla diverse dall’artrosi.
L’artroscopia ha il merito di aver rivoluzionato la chirurgia della spalla, attraverso un approccio poco invasivo e rispettoso dei tessuti, ma non è in grado di risolvere tutte le situazioni, così come ogni intervento artroscopico è diverso dall’altro perché è il paziente che cambia. Non possono esistere generalizzazioni in ambito terapeutico, ma solo una terapia costruita sul paziente e integrata con il ruolo fondamentale del fisioterapista, sia che si tratti di malattie che si risolvono senza intervento sia per il recupero postoperatorio.

 
Laura Trentani
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
studiotrentani@ngi.it

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