Disabilità e sostegno – parte 1
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Disabilità e sostegno
Disabilità e sostegno: Non esiste alcuna sfida insormontabile che non possa essere divisa in decine di compiti realizzabili.
“La vita chiede presenza,
da La cura è relazione
partecipazione, adesione.
Tutti noi abbiamo
bisogno dell’altro,
di una mano che
ci aiuti, ci sostenga,
accompagni
la nostra fatica.”
di Fabio Cavallari
Sono trascorsi quindici anni dalla visita ad una collega al timone di una bella associazione di genitori di ragazzi con disabilità. Il calore di quella casa (il cui nome “CasAmica” è già un bel biglietto da visita), i sorrisi dei volontari e la curiosità dei giovani impegnati nella tessitura di coloratissime opere di FiberArt mi hanno accompagnato ogniqualvolta, in contesti diversi, mi sono occupata di sostegno nella disabilità.
Anni dopo quella visita, il supporto ai curanti si è sviluppato attraverso un percorso di Scrittura e Cura (Il metodo di Scrittura e Cura prevede l’ausilio della Scrittura nell’accompagnare il soggetto verso la cura di sé. Si tratta di uno strumento utile a stimolare l’espressività di chi porta una richiesta d’aiuto, nel rispetto di tempi e modalità che si definiscono ad ogni incontro e la cui direzione guarda alla ricerca di nuovi equilibri) rivolto a un gruppo di genitori e concluso con la pubblicazione di un diario di bordo (G. Pace, Vivere la Scrittura, Vivere la Cura, Idea Solidale, Provincia di Torino, 2013) e testimonianza di un viaggio condiviso attraverso toccanti emozioni e parole di Cura.
“Quando l’ostacolo è grande, occorre diventare più forti” riporta Alexis Loireau, citando gli sciamani dell’Amazzonia (A. Loireau, Le cancer. La Grande Aventure, Carnet d’aventures N° 47, Expemag.com). E le parole di questo caporedattore si caricano di significato quando, leggendo il racconto del viaggio inaspettato nel quale si è imbattuto, a partire dallo scontro con la malattia oncologica, ci accorgiamo che è la sua forza a fare la differenza. E questa ci arriva nuovamente quando scrive che un saggio ha detto “non esiste alcuna sfida insormontabile, che non possa essere divisa in decine di compiti realizzabili”.
“Siate gentili,
da Wonder
perché tutti combattono una battaglia dura e,
se vuoi sapere come sono davvero fatte le persone,
non devi fare altro che guardare.”
di R. J. Palacio
Lo storico Matteo Schianchi (La terza nazione del mondo, Feltrinelli, Milano 2009) descrivendo la realtà quotidiana di persone con disabilità mette in particolare l’accento sui pregiudizi e sullo sguardo da cui possono nascere forme di esclusione. Eppure la mia esperienza di incontro con persone portatrici di differenti disabilità conserva ripetuti e svariati momenti di contatto con una ricchezza interiore difficile da trasmettere soltanto con le parole.
Lasciando la parola all’antropologo Clifford Geertz (Interpretazione di culture, il Mulino, Bologna 1998), non c’è da sorprenderci ascoltando che “Se vogliamo scoprire in cosa consiste l’uomo possiamo trovarlo solo in ciò che sono gli uomini: e questi sono soprattutto differenti”. E la differenza è ricchezza quando ci accorgiamo di essere tutti quanti portatori di qualche handicap.
“… per tanti handicap evidenti, ve ne sono
da Amare da matti
moltissimi altri meglio mimetizzati.
Di tante persone cosiddette “normali”
chissà quante manie, disagi e malesseri sotterranei
potremmo denunciare…”
di Maria Teresa Tosi
È con lo sguardo che tiene conto, in primo luogo, della mia “diversità” che negli anni ho sentito di aprire le porte del mio studio a chi ha scelto di prendersi uno spazio per presentarsi con il suo bisogno d’aiuto e il coraggio di raccontarsi a partire dalla propria fragilità. Ogni paziente arriva nel nuovo contesto della prima seduta conoscendo le specializzazioni che trova incise sulla targa fuori, i libri e gli articoli pubblicati oltre alle referenze che spesso si raccolgono tramite il passaparola, ma di quella che è la “mia modalità” di accogliere e offrire uno spazio di ascolto e confronto potrà fare esperienza solo dopo avere preso il rischio di portarsi fin lì.
Ed è a partire da quel coraggio che la relazione nella quale entrambi portiamo le nostre diversità può aprirsi al percorso di assessment (Un certo numero di sedute che seguono il primo contatto telefonico nel corso delle quali la persona accolta mette a fuoco la sua domanda e, in base a quanto emerge, il terapeuta valuta se e come procedere) o concludersi con la decisione di non volerlo intraprendere.
Gladys Pace
Psicologa-psicoterapeuta, specialista in Psicologia clinica
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