Bambini digitali

Bambini & Ragazzi bimbi

Bambini e smartphone

In un mondo in cui lo smartphone è uno strumento di socializzazione ben oltre il telefono, dobbiamo insegnare ai nostri bambini a sfruttarne le potenzialità e a difendersi dai pericoli

Dati nazionali

Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza il 98 per cento dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone personale, mentre l’accesso a internet e l’apertura del primo profilo social si aggira attorno ai 9 anni; ma sono i bambini nati negli ultimi anni a essere più esposti, infatti uno su tre ha avuto modo di utilizzare uno smartphone a partire dai 18-24 mesi di età.

I bambini italiani sono, dunque, sempre più digitali: l’utilizzo di smartphone e tablet è ormai una realtà per loro così come per gli adulti, che hanno questi oggetti sempre in mano, essendosi trasformato da semplice telefono cellulare a uno strumento di socializzazione con il web e con i social network, un contenitore di informazione e di intrattenimento di facilissimo accesso e fruizione.

«Il fenomeno, di per sé non deve preoccupare, sta nella normale evoluzione delle cose», spiega Rinaldo Missaglia, segretario generale del Sindacato medici pediatri di famiglia, SiMPeF «Certo è che deve cambiare l’attenzione che i genitori dedicano ai propri figli, circa l’accesso alle tecnologie. Infatti, l’evoluzione tecnologica porta con sé una serie di problematiche e pericoli che hanno come bersaglio i più giovani, facili prede per la naturale ingenuità di questa età. I genitori devono essere consapevoli che quando il proprio bambino o bambina usa un cellulare o un computer può andare su internet, accedere alle chat, rischiare incontri potenzialmente pericolosi».

Niente tablet e smartphone ai piccolissimi

L’associazione che riunisce i pediatri americani, l’America academy of pediatrics, ha recentemente pubblicato un documento con le ultime indicazioni sull’uso dei nuovi mezzi di comunicazione nei bambini e negli adolescenti. I bambini sotto i due anni hanno bisogno di esplorare il mondo in modo pratico e di interazione sociale per un corretto sviluppo delle proprie abilità linguistiche, motorie, sociali ed emotive. Secondo le indicazioni dei pediatri, nella fase 18-24 mesi i bambini possono essere esposti ai tablet e agli smartphone per videochiamate con genitori o nonni lontani, sempre con la presenza di un adulto, ma sono da evitare altre forme di intrattenimento.

Se alcuni genitori sono incantati dall’abilità che hanno i bambini anche piccoli a utilizzare smartphone e tablet, questo non deve però far pensare che sia uno stimolo al loro apprendimento, infatti, gli studi fino a ora effettuati hanno dimostrato che per i bambini attorno ai due anni non vi è un miglioramento delle loro capacità con l’utilizzo di questi strumenti. Secondo le indicazioni dei pediatri americani le app e o i video che vengono proposti ai bambini dovrebbero essere di qualità, pensati e sviluppati per loro, adatti all’età e alle capacità. In pratica, come per gli altri aspetti della vita dei bambini è bene ricercare la qualità e prestare attenzione a quello che si sceglie.

Inoltre come per la televisione, è bene evitare il più possibile di utilizzarli come baby sitter. Infine, un’indicazione valida anche per gli adulti, ma indispensabile per piccoli, bambini e adolescenti: l’esposizione a schermi luminosi, quali tv, tablet, computer, smartphone andrebbe evitata in camera da letto e prima di addormentarsi. Infatti, la luce emessa definita di colore blu, interferisce con la produzione di melatonina, un ormone che regola il sonno.

Una nuova identità digitale

È in età scolare che i bambini cominciano ad affacciarsi nel web: un mondo ricco di informazioni e possibilità – si pensi solo agli approfondimenti possibili di argomenti scolastici o la ricerca di una ricetta di cucina da fare insieme – ma anche di trappole e rischi. I cosiddetti social sono ormai una realtà per i ragazzi di oggi, come lo sono per molti adulti. Da strumento di intrattenimento, quindi, lo smartphone diventa un mezzo per costruire la propria identità e i rapporti con gli altri.

«Stiamo assistendo a un grosso cambiamento: da utilizzatori di internet siamo diventati creatori del mondo in internet», spiega Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, presidente dell’Associazione nazionale dipendenze tecnologiche, gap e cyberbullismo. «Per nutrire i social con post e immagini serve tempo, altrimenti, la rete non esisterebbe. Tempo che gli adolescenti impiegano sia come anti noia sia per costruire la loro identità, che per forza di cosa oggi passa anche dal virtuale» e continua, oggi tutti «viviamo in una realtà aumentata e gli adolescenti considerano il cellulare parte della loro identità.

Perciò limitarne l’uso o toglierlo può scatenare forti arrabbiature o nei casi limite fenomeni di violenza. I genitori dovrebbero conoscere sempre di più questo mondo, accompagnando i figli nei vari passaggi della crescita, come è sempre stato prima di internet. Gli strumenti tecnologici sono parte integrante dei nostri giorni e dobbiamo imparare a dosarli prima noi adulti, dando il buon esempio ai ragazzi».

Dipendenza e cyberbullismo

Il tema delle nuove dipendenze è stato affrontato anche nell’ultimo congresso della Sipps, la Società italiana di pediatria preventiva e sociale: «I social media sono piazze virtuali in cui vengono formate e costruite relazioni; riescono a modellare l’identità di sé». Spiega Giuseppe Di Mauro, presidente della Sipps, «Attraverso questi media ci esprimiamo, parliamo con il mondo e apprendiamo ciò che ci circonda; hanno trasformato il mondo in cui viviamo e le modalità con cui interagiamo con gli altri, soprattutto in età adolescenziale, ma anche pre-adolescenziale.

Certamente non tutto quello che deriva dai social è negativo: possono promuovere un senso di comunità e facilitare l’innesco di un supporto emotivo». Il rischio soprattutto per i giovani è la dipendenza. I comportamenti che devono destare attenzione sono: ansia e depressione, uniti alla mancanza di sonno e l’isolamento dai rapporti sociali non virtuali; inoltre vi è la cosiddetta “paura di non esistere” che si manifesta come la preoccupazione che eventi sociali, o altre attività, possano avvenire senza la presenza del giovane; ecco perché si sente la necessità di essere costantemente collegati a quello che fanno gli altri.

La rete e i social sono poi il luogo del cyberbullismo, cioè l’uso delle nuove tecnologie per intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone. «Il cyberbullismo» spiega Giordano Invernizzi, Professore ordinario di Psichiatria all’Università degli Studi di Milano «è la forma di bullismo attuato attraverso la rete, con l’invio di messaggi offensivi, immagini umilianti diffuse via mail, chat o sui social network.

Si differenzia dal bullismo tradizionale perché è una prepotenza indiretta, mai faccia a faccia tra vittima e bullo. Può, tuttavia, essere potenzialmente più dannoso per la rapidità di diffusione e la possibilità di raggiungere un numero molto più elevato di spettatori». Attenzione quindi a questi segnali: le prime conseguenze sulla vittima sono depressione, ansia, isolamento e pessimo andamento scolastico.

Chiara Romeo

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